15 luglio: Giornata mondiale per le competenze dei giovani

Il 15 luglio si celebra la Giornata Mondiale delle Competenze Giovanili. Si tratta di una ricorrenza particolarmente cara alla Fondazione in ragione del suo impegno per il protagonismo di ragazze e ragazzi alla vita della comunità, impegno da cui hanno preso le mosse il programma Creatività Giovani  – con il concorso Figurarsi e il Premio Speciale Edoardo Kihlgren Opera Prima Fondazione di Comunità Milano per la scrittura – e i progetti YouthBank e AdAstra Project.

In vista del 15 luglio, abbiamo messo in fila qualche dato statistico accompagnato da alcuni spunti di riflessione. Partiamo da un’istantanea offerta da “La qualità della vita nel 2022: indice per fasce d’età” di Lab24 – Il Sole 24 Ore, pubblicata il 6 giugno scorso. In classifica, Milano è risultata 95ma su 107 province per l’indice giovani (18-35 anni). Il piazzamento è il risultato dell’elaborazione statistica di 12 indicatori quali disoccupazione; numero di laureati; bar e discoteche; aree sportive; imprenditoria giovanile; canone di locazione, per citarne solo alcuni. Ad incidere sono il caro affitti, il bassissimo indice di nuzialità, l’elevata età media del parto. Per riportare la bilancia in attivo non sono bastati l’altissima percentuale di laureati e di imprese che fanno e-commerce. Accertato che Milano è una città sfidante per i giovani, prima di proseguire vale la pensa di domandarsi: chi sono (e quanto sono) i giovani? 

La segmentazione per fasce d’età è composita e talvolta spiazzante. Se è conclamato che le persone tra 20 e 39 anni sono ufficialmente giovani (qualcuno direbbe, in Italia), in alcuni casi la “categoria” ingloba anche le persone fra 13 e 20 anni, che definiamo “adolescenti”. Questa fluidità nel raggruppare cittadine e cittadini all’inizio della “vita autonoma” emerge quando si leggano i dataset delle pubbliche amministrazioni, rendendone complessa l’interpretazione.

  • Una panoramica

Stando ai dati ISTAT 2020, nella città metropolitana di Milano le persone fra 18 e 29 anni sono 390mila (51,9% maschi e 48,1% femmine) su  3,265 milioni di abitanti, circa il 12% del totale. Se guardiamo a chi non ha ancora 18 anni, dunque bambine, bambini e adolescenti, “inquadriamo” circa il 16% dei residenti nell’area metropolitana, poco più di mezzo milione di minori. 

Zoomando sulla città di Milano, occorre tener presente che i dati vengono suddivisi con modalità diverse quindi non sono sovrapponibili, ma offrono comunque uno sguardo d’insieme sul numero di persone a cui stiamo indirizzando la nostra attenzione: su un totale di 1,380 milioni di residenti nel capoluogo, sono 73.465 le ragazze e i ragazzi di età compresa tra 15 e 19 anni con cittadinanza italiana e straniera. A loro si aggiungono i cosiddetti “giovani adulti”, ovvero le persone fra 20 e 39 anni, che sono circa 428mila (anche in questo caso con cittadinanza italiana e straniera). Pur molto spurio, quest’ultimo cluster include la porzione di popolazione relativa ad universitari e giovani adulti che iniziano a lavorare per la prima volta.

  • I giovani e la formazione

Stando a dati diffusi dal Provveditorato della Lombardia relativi all’anno scolastico 2020/2021, nella città metropolitana di Milano alunne e alunni delle scuole statali, di ogni ordine e grado, erano 360mila. 79.680, gli studenti e le studentesse delle scuole non statali, complessivamente 439mila persone. Al suono della prima campanella dell’anno scolastico 2021/2022, a Milano si contavano circa 6100 classi con un calo di iscrizioni e un progressivo aumento di certificazioni di disabilità e di bisogni educativi speciali.

I dati del sistema statistico del comune di Milano presentano un dato cui prestare estrema attenzione: la percentuale di popolazione studentesca straniera nelle scuole cittadine è più del doppio rispetto al dato nazionale: parliamo del 22,1% nelle secondarie di I° grado (la media è del 10,1%) e dal 18% in quelle di II° grado (contro il 7,5% dell’intera penisola). Il recente Rapporto Contrastare l’abbandono scolastico durante la pandemia – elaborato da Fondazione ISMU per il Comune di Milano – ha confrontato i dati nazionali con quelli locali ricavandone percentuali nettamente superiori nel capoluogo lombardo rispetto al resto del paese.
Uno dei fattori che incidono sulla dispersione scolastica a Milano è il background migratorio di chi studia, in particolare, la popolazione egiziana, quella rumena e quella cinese, tra le più presenti in città, hanno tassi di dispersione che superano le medie nazionali. Una fragilità, questa, che si fa determinante nel passaggio dalla scuola secondaria di I° grado alla secondaria di II° grado quando ragazze e ragazzi di seconda generazione faticano a focalizzare le proprie competenze e sperimentano scarsa motivazione a proseguire gli studi. Il rischio è quello che diventino ELET ovvero Early Leavers from Education and Training, cioè ragazze e ragazzi che lasciano la scuola al termine del primo ciclo di istruzione, conseguendo quello che un tempo si chiamava Diploma di Terza Media.

In Lombardia nel 2020 i giovani ELET fra 18 e 24 anni erano l’11,9%, una percentuale inferiore alla media nazionale, che si attesta al 13,1%, ma comunque lontana dalla media europea, ferma al 9,9%.  Pur non disponendo di aggregati relativi a Milano, è credibile che i dati del capoluogo si aggirino intorno al 14%, considerata la forte dispersione scolastica menzionata precedentemente.
I dati relativi ai giovani che hanno smesso presto di studiare sono spesso legati ad una occupabilità limitata, ovvero ridotta capacità di trovare un’occupazione e di mantenersi in autonomia, alimentare relazioni positive e “orientamento al futuro”. In un circolo vizioso che occorre spezzare, la combinazione fra basso livello formativo ed esclusione sociale può diventare viatico al fenomeno NEET, ragazze e ragazzi che sono fuori dal mercato del lavoro e da qualsiasi percorso di formazione, scoraggiati e demotivati.

Fra chi prosegue il percorso scolastico accedendo alla scuola superiore in Lombardia, oltre uno/a su due vuole frequentare un Liceo, stando ai dati del Ministero dell’Istruzione. Anche il capoluogo di regione ricalca la tendenza nazionale, con una netta prevalenza per lo Scientifico. Nei mesi scorsi, i giornali milanesi raccontavano di un boom di iscrizioni al Liceo Artistico con esubero di richieste in città e nell’hinterland: a sentire insegnanti e genitori sembra una tendenza destinata a durare grazie all’attenzione di molti istituti artistici a curriculum innovativi ed attenti ai bisogni speciali di allieve e allievi.  Ampliando il quadro, l’interesse di giovani e famiglie è in crescita per quanto riguarda gli Istituti Professionali mentre si registra una flessione per il Liceo Classico e gli Istituti Tecnici Superiori (ITS).

La propensione di ragazze e ragazzi verso curriculum liceali sembra tener poco conto dei segnali in arrivo dal mercato del lavoro che premia diplomate e diplomati in possesso di competenze tecniche garantendo un’ottima occupabilità. Secondo il recente monitoraggio svolto dall’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire), infatti, l’80% di diplomati-e ITS ha trovato lavoro nel corso del 2021 e, di questi-e, oltre il 90% ha un’occupazione coerente con il proprio percorso di studi.

E chi fa l’Università? Sono oltre 130.000 le studentesse e gli studenti in corso alle varie facoltà della città di Milano, circa il 7% in rapporto alla popolazione, ma non tutti sono giovani, occorre ricordarlo.
Stando al Rapporto 2022 sul Profilo e la Condizione Occupazionale dei laureati svolto dal Consorzio interuniversitario AlmaLaurea, su 7426 persone laureate che hanno conseguito il diploma di laurea (Triennale e Magistrale) nel 2021 in un ateneo del capoluogo lombardo, il 49,7% lavora, di questi il 24,6% ha un contratto a tempo indeterminato e il 38,2% conta su un contratto non standard ovvero a tempo determinato, a chiamata o ex interinale. La retribuzione media di una persona laureata, stando al report, è di 1300 euro. Qui emerge un dato preoccupante rispetto al gender gap: per un uomo in possesso di Triennale il primo stipendio è mediamente di circa 1200 euro, per una donna di pari competenze è di 1100 euro, cento euro in meno. Una forbice che permane anche per chi detiene una Laurea Magistrale: i compensi media sono rispettivamente 1436 euro per un uomo e 1306 per una donna.

  • I giovani e il lavoro

Veniamo ad un tasto dolente: secondo dati Istat del 2020, il tasso di disoccupazione dei giovani nella città metropolitana di Milano è del 14%, una percentuale che cresce fino al 22% nella città di Milano. Pur migliori della media nazionale (che è al 24,2% – fonte Assolombarda, dati 2020), questi numeri non possono non preoccupare, specie se associati a quelli relativi ai sopracitati NEET, pari all’8% nel capoluogo lombardo. Il rischio è che, dopo aver perso un impiego, in molti rinuncino a cercarne uno nuovo, “ritirandosi” dalla vita attiva.  oppure optando per soluzioni “tampone”.

La recente ricerca I giovani tra mercato e non mercato di Fondazione Adapt e Fondazione Unipolis rileva che solo il 6% dei giovani milanesi conta su un contratto a tempo indeterminato e il 15% su un contratto a tempo determinato, percentuale pressoché identica per le partite IVA. Quasi il 20% di ragazze e ragazzi non ha un contratto regolare, dunque lavora o lavoricchia in nero senza accantonare contributi previdenziali. Ma di che occupazioni parliamo? Babysitting, servizio ai tavoli di bar e ristoranti, ripetizioni, che vengono svolti con frequenza senza una formazione ad hoc, ma come occasioni di autonomia e piccolo guadagno senza grandi prospettive di crescita.

 

In alto e in mezzo, foto dei progetti ideati e promossi da Fondazione di Comunità Milano per sostenere la partecipazione dei giovani alla vita sociale e lavorativa della comunità