Il valore educativo del gioco condiviso

di Carlo Riva – Esperto in pedagogia del gioco e disabilità e direttore Associazione l’abilità Onlus

La comunità scientifica ha raccontato con perizia non solo il danno economico a cui si è andati incontro durante i mesi del lockdown, ma ha più volte posto l’attenzione allo sviluppo di disturbi del comportamento dei bambini chiusi in casa. Mentre gli adulti erano impegnati nelle attività di smarworking, i bambini, al di là delle ore occupate nelle attività didattiche a distanza, si sono ritrovati a vivere tempi e spazi nuovi, a volte invalidanti.

Lo sviluppo psicomotorio di un bambino è frutto di una quotidianità che è connotata da scoperte, linguaggi e quindi emozioni in una dimensione sempre nuova data dal vivere spazi diversi e tempi che cambiano. È la possibilità che si offre ad un bambino di unire i tempi della scuola con quelli del tempo libero, vedi il gioco, vedere le novità di un territorio che cambia, avvicinarsi ad un nuovo vocabolario perché incontra nuovi bambini, stupirsi perché vede quel che prima non c’era e trova quel che non sapeva, che fa di un bambino un filosofo che si fa le domande dell’essere, che vuole sapere, che vuole diventare grande restando il puer ludens di sempre. Se si potesse riassumere in una parola è l’equilibrio mente-corpo.

L’elemento che da sempre connota l’armonia di un bambino è il gioco. Il giocare con l’oggetto, con il corpo, con gli elementi della natura, con la fantasia. Pensiamo ad un bambino che mentre gioca comprende inconsapevolmente i movimenti del suo corpo, capisce come è fatto il mondo mettendo dentro e tirando fuori, vedendo l’alto e il basso, con la palla grande e quella piccola, costruendo, sporcandosi, parlando tra sé o cercando di farsi capire al gruppo incontrato, elaborando emozioni e vissuti che l’attività del gioco fa superare e risolvere. È l’attività ludica che permette al bambino di dire di sé e di dire cosa sta provando nel suo esistere.

Soprattutto per i bambini con disabilità motoria e/o intellettiva ma non solo, l’impossibilità di stare su un prato, di saltare e rincorrersi, di incontrare l’altro e quindi decidere che gioco scegliere, che ruolo dare a quello, come trasformare quei giochi del parco con nuove fantasie creative, ha limitato la qualità della loro vita.

Negli anni sono stati condotti diversi studi sia sul versante pedagogico che psichico, tutti hanno portato allo stesso risultato: giocare all’aperto fa bene, è fondamentale per il processo di crescita e di sviluppo psicomotorio dei bambini. Risulta quindi fondamentale riprendere i tempi e gli spazi del gioco all’aperto, che l’adulto riaccompagni il bambino all’aperto per ritrovare i colori della natura, i suoni della comunità educante, i giochi al e del parco. Se è vero che la scuola sta sviluppando nuove pedagogie definite come didattica outdoor, scuola all’aperto o scuola nel bosco è proprio perché sappiamo quanto sia importante e unico l’apprendimento del bambino all’aperto mentre gioca.

È questo il tempo della rinascita all’aria aperta per far ritrovare quei giochi mai dimenticati, quel parco che è il suo campo d’azione, quello spazio che è suo perché suo è il tempo unico e magico del gioco.