Il dovere di essere comunità di Nicola Saldutti

In questi mesi la lotta alla pandemia ha fatto emergere molti aspetti della fragilità del sistema istituzionale, ma anche la necessità di dare risposte nuove all’emergenza. Prendiamo il Recovery plan, del quale sta discutendo l’Europa. Una svolta che i Paesi fanno fatica ad adottare come linea comune. Un tema nonsolo legato agli aspetti finanziari. Ma alle parole. Quella che oggi chiamiamo Unione europea, era la Comunità Europea. Parola troppo densa di significati e di responsabilità condivisa, quest’ultima. La tragedia della guerra, alla fine del secondo conflitto mondiale, indirizzò i governanti di allora nella scelta di un termine che fosse inclusivo. Pur nelle differenze, profonde, dei Paesi che dopo secoli avevano deciso di associarsi. Eppure, il senso di questo termine resta l’unica strada possibile per accorciare distanze, ridurre il perimetro dei conflitti, mettere in moto risorse.

Comunità e bene comune, in un tempo di forti accelerazioni, non solo tecnologiche, diventano punti di contraddizione. Un altro modo di vedere, e gestire, le scelte. Che non può avere la presunzione di essere alternativo alla dinamica società-mercato-diritti, ma può diventare un sistema di relazioni in grado di recuperare valori, possibilità, attenzione verso i segnali che dalla società civile stanno arrivando sempre più forti. Prendiamo la grande discussione sulla sostenibilità, tema diventato centrale in tutte le agende politiche ed economiche del tempo presente.

Si racchiude in questa dimensione la necessità di non trasferire sulle generazioni future il debito di consumo delle risorse, del suolo, dell’aria, di cui sono state responsabili le generazioni passate (e noi). Bene, la comunità rappresenta il modello organizzativo più efficiente per rendere questo impegno attuale.

A una condizione, però. Che il sistema competitivo tra progetti, idee, modelli, schemi, consenta anche in questo terreno di scegliere le soluzioni più efficienti. E il modello del Recovery plan, che in realtà si chiama Next generation Eu, ripercorre la strada della comunità. La grande sfida del munus, il dono, è anche in questo: accettare le logiche di un’economia sociale di mercato, nel senso che intendeva Antonio Genovesi: “E’ legge dell’universo che non si può far la nostra felicità senza far quella degli altri”.